Slalom fra le memorie dello sci in tv – 1956-2001

Sci-aneddotica degli anni Sessanta

LA GEOGRAFIA TELEVISIVA DEI GRANDI EVENTI

Si fa presto ad arrivare agli anni Sessanta: dopo le Olimpiadi di Cortina 1956 e i mondiali di Badgastein 1958, il clou dello sci alpino è rappresentato da Squaw Valley 1960. Le Olimpiadi intese come spettacolo televisivo sono lungi dall’arrivare; in Europa esistono, di fatto due Olimpiadi, quelle che si svolgono nel vecchio continente e quelle che si svolgono oltreoceano. Per questo se le Olimpiadi di Cortina sono state irradiate in tutta Europa, con fantastiche dirette, se analogamente i mondiali di Badgastein hanno fornito un altro grande spettacolo, la ritualità olimpica europea deve fermarsi a Squaw Valley 1960. In Italia la Tv cede il posto alla radio: alle 21 servizi dalla località californiana sul programma nazionale. Inviato speciale Enrico Ameri (nella foto di destra). Non c’è competizione rispetto, ad esempio, alla tv austriaca, che il giorno dopo diffonde in Tv alcune gare olimpiche, in serata alle 22 (con un’ulteriore replica la sera successiva alle 19,00 circa, a 48 ore dallo svolgimento). Oltreoceano la Abc ritirò la sua offerta, la CBS la confermò più che altro per un favore alla Disney, essendo Walt Disney, l’orchestratore di quella rassegna. E così la CBS si assicura i diritti per coprire le Olimpiadi, alla cifra, non spropositata di 50.000 dollari. Ma i Giochi furono un successo per lo sci al punto che i diritti per le tv americane, quattro anni dopo, costeranno dieci volte di più.

INNOVAZIONI DA SQUAW VALLEY 1960

telecronista statunitense a Squaw Valley

La diretta tv riguarda quindi solo gli spettatori nordamericani: è una delle prime occasioni in cui viene mostrato il cronometraggio in sovrimpressione (lo si evince dalle immagini che hanno varcato l’Oceano). Una circostanza che muterà radicalmente la concezione di guardare lo sci, in quanto consente l’immediata percezione del risultato di gara. Nelle gare olimpiche di Squaw Valley viene mostrato in partenza il nome dello sciatore in maiuscolo e la nazionalità in stampatello; scorre il cronometro con numeri enormi non allineati ma solo per i minuti e i secondi, mentre il decimo non è mostrato. Sempre le Olimpiadi 1960 videro il debutto del replay istantaneo ad uso non dei telespettatori ma dei funzionari di giuria. Quando essi non erano sicuri riguardo ad un passaggio di gara di uno sciatore (soprattutto in slalom), veniva chiesto alla regia Cbs di poter rivedere la videocassetta della gara. Ci volevano decine di minuti ma fu lì che nacque l’idea del replay che con relativa gradualità si sviluppa in altri sport come ad esempio nel pugilato (nel tragico confronto Griffith-Paret del 1962, disponibile dopo alcuni minuti) o nel football americano 1963 per l’Army-navy game dove si tentò addirittura una riproduzione istantanea con un mastodontico apparecchio. Ci furono molte difficoltà tecniche finché non fu ritrasmesso a velocità naturale un touchdown dell’Esercito, al punto che il telecronista dovette spiegare ai telespettatori…..come l’Esercito non avesse segnato ancora!

Nel filmato il successo di Hans Hinterseer nello slalom a Squaw Valley 1960.

A livello di crono c’è una rapida evoluzione attraverso l’Omegascope: un cronografo dotato di memoria con possibilità di illuminarsi sullo schermo, fornendo i tempi dei concorrenti. Tra i primi casi europei di cronometro in sovrimpressione Kitzbuhel 1962, mentre nella parte alta del teleschermo è inquadrato sistematicamente il solo numero del concorrente. A Wengen invece il primo timing in tv compare nel 1964. Per le gare italiane, come vedremo …fra qualche riga, si deve arrivare alle prove della Val Gardena del febbraio 1965.

Ma adesso ritorniamo ancora a Squaw Valley per sottolineare il bronzo dell’italiana Giuliana Chenal Minuzzo (nel filmato sottostante dove vediamo anche scendere inizialmente la svizzera Ruegg e la statunitense Pitou).

EVOLUZIONI AGONISTICHE

Molti fattori contribuiscono al progresso della disciplina aggiungendosi alla spettacolarità delle immagini da telecronaca; il passaggio ai centesimi (mondiali di Chamonix 1962), la trasformazione in due manche dello slalom gigante maschile dai mondiali del Portillo 1966, la nascita della Coppa del Mondo per una felice intuizione di Serge Lang (manifestazione che lega in modo indissolubile Premier Neige, Tre-tre, Kandahar, Hahnenkamn, Lauberhorn, Coppa Vitranc, il week end tedesco, maschile di Hindelang o femminile di Oberstaufen ed altre manifestazioni, per farne un romanzo a puntate) con le suggestioni del premio al più completo, un globo di cristallo. Ciò potrà permettere di evitare che nello sci alpino ci sia un anno buono (quello pari, di Olimpiadi o Mondiali) ed uno di transizione (quello dispari, senza appuntamenti clou). Le altre discipline invernali si acconguaglieranno al rito della Coppa del Mondo, ma molto più avanti nel tempo.

Marianne Jahn (due ori a Chamonix 1962): nella prima puntata abbiamo ricordato il suo ruolo di controfigura nel film “Il Lampo Nero” con Toni Sailer

ESSERE O NON ESSERE…CAMPIONE DEL MONDO

Negli anni sessanta, il progresso del cronometro, delle sovrimpressioni e delle proposizioni televisive passa peraltro anche roventi polemiche politiche. Una controversia non da poco attanaglia la lunga vigilia e buona parte della settimana dei campionati mondiali di Chamonix nel febbraio 1962. E’ un muro a creare la discordia, non quello della prova iniziale del gigante femminile ma quello di Berlino. L’ingarbugliata situazione politica comporta una perniciosa situazione riguardante la Germania Est, causa visti non concessi ai tedeschi orientali per un diniego dell’Ufficio Trasporti interalleato di Berlino Ovest.  Si ritirano rumeni, cecoslovacchi, sovietici, jugoslavi, turchi, bulgari, marocchini ed anche i rappresentanti del Liechtenstein. Questi paesi non hanno sciatori con probanti chances agonistiche di vertice ma ancora una volta la bagarre politica va a disseminare acredine in campo sportivo. La Fis decide inizialmente di declassare la manifestazione; senza i visti ai tedeschi democratici non ci possono essere i campionati “mondiali”. Le prove cominciano con la denominazione di Giochi Mondiali Fis, senza la certezza che si aggiudica le gare possa laurearsi campione del mondo. Nelle prime gare abbiamo pertanto dei campioni del mondo sub judice. Solo a metà settimana la Fis riattribuisce provvisoriamente a quella kermesse francese, la valenza di campionati del mondo, in attesa di una ratifica che avverrà più avanti nel corso di un congresso in Austria. Nell’ultima giornata di gara, argento di Pia Riva (nella foto di repertorio in alto) in discesa libera, in una giornata fantastica per lo sport italiano visto l’oro di Renato Longo nel mondiale di ciclocross e il bronzo storico di De Florian ai contemporanei mondiali di sci nordico a Zakopane. Nel filmato senz’audio lo slalom; si vedono nell’ordine la francese Marielle Goitschel (bronzo, con un secondo passo verso l’oro in combinata), l’austriaca Evi Netzer (seconda) e Marianne Jahn (oro)

Christl Haas, sul podio olimpico di Innsbruck 1964

CHRISTL HAAS, LE GLORIE E I DRAMMI

Vale la pena ricordare il dramma giovanile che visse Christl Haas, la vincitrice della discesa libera di Chamonix, davanti a Pia Riva. Da bambina era rimasta ustionata a tre anni. Aveva messo una bambola ad asciugare su una stufa che prese fuoco. Per salvare la bambola, la piccola Christl subì serie ustioni al volto. Con una serie di trapianti plastici tornò alla vita normale, ma le giovani compagne di scuola non desideravano giocare con una bambina dal volto parzialmente sfigurato. Fu proprio lo sport a risollevare Christl Haas, attraverso un allenamento metodico, determinato, rabbioso. Si diceva da più parti che sciasse come un uomo, talmente erano schiaccianti le sue affermazioni. Dopo aver dominato ai mondiali di Francia 1962, andrà a cogliere anche l’oro olimpico del 1964, divenendo il simbolo di due Olimpiadi, quella del 1964, in forza del suo trionfo, e quella del 1976, come tedoforo dei Giochi tornati in Austria nel 1976 dopo la rinuncia di Denver. Una vita segnata da un dramma iniziale, il riscatto fisico e morale, attraverso le medaglie sportive ed un nuovo dramma (luglio 2001) che pone fine alla sua esistenza durante una vacanza in Turchia, causa annegamento nelle acque mediterranee di Manavgat per via di un malore. Qui di seguito il filmato della discesa vincente della Haas ad Innsbruck.

INTERRUZIONE VIDEO SUL COLLEGAMENTO INTERNAZIONALE

Alle gare di Chamonix 1962 non c’è nessun cronometraggio in sovrimpressione ma il regista mostra in dissolvenza l’inquadratura del tabellone con il tempo intermedio del concorrente e alla fine di ciascuna prova inquadra nuovamente il risultato di gare dello stesso. Ci sono poi pannelli rimovibili, manovrati a mano per mostrare la classifica in evoluzione. Ma ci sono giornate in cui il maltempo la fa da padrone e certamente ne risente anche la qualità delle emissioni, Non è facile, ad esempio portare a compimento lo slalom maschile, corso in un’autentica bufera. La panne video avviene nel momento topico; dopo la prova di Perillat con primo posto provvisorio, gran parte della discesa del vincitore transalpino Bozon avviene in un momento di buio totale televisivo, la classica “interruzione sul collegamento internazionale” che dura ben oltre due minuti.  La linea video torna giusto in tempo per vedere la discesa di Nenning, terzo.

una moderna veduta del palazzo olimpico del ghiaccio di Innsbruck 1964: si rispecchiano le montagne innevate.

CARLO BACARELLI..AL POSTO DI GIGLIOLA CINQUETTI

Un caso fortuito, a favore della trasmissioni olimpiche si verifica venerdì 7 febbraio 1964. Causa sciopero dei dipendenti radio-tv, la trasmissione “La Fiera dei sogni” non può esser trasmessa. In quella trasmissione, tra le varie attrazioni, Gigliola Cinquetti e Patricia Carli avrebbero dovuto ripresentare il loro “Non ho l’età” che aveva appena trionfato al Festival di Sanremo; egualmente erano annunciati Renato Rascel ed il mitico sciatore Leo Gasperl. In sostituzione, sul secondo canale, da Innsbruck, (collegamento anticipato alle 21,15) l’incontro di hockey su ghiaccio Cecoslovacchia-Canada, finito 3-1, partita decisiva per la medaglia di bronzo, con commento del pioniere tv, Carlo Bacarelli, cantore sportivo prima ancora che la tv….avesse l’età…per poter trasmettere regolarmente.

telecamera sul Bergisel, in occasione del salto olimpico del 1964.

LA TV OLIMPICA IN AMPEX

Sul giornale Nevesport del 13 febbraio 1964, un telespettatore di Milano si chiede perché non siano state effettuate dalla Rai telecronache in diretta delle prove di sci da Innsbruck. Nella risposta della redazione viene sottolineato, il principio di aver voluto accontentare tutti i telespettatori offrendo nel pomeriggio la cronaca di avvenimenti che a volte si sono disputati contemporaneamente. L’autorevole giornale della neve non si sentiva quindi di muovere appunti alla televisione italiana, se non, pur considerando le evidenti difficoltà tecniche, per la trascuratezza con cui era stato trattato il Bob.

CHI L’HA VISTO ANTE LITTERAM (MADEMOISELLE X DE SAUVEBELIN)

Un curioso evento avviene nel novembre 1964 e coinvolge incidentalmente la nostra azzurra Pia Riva. Le gendarmeria di Losanna trasporta in ospedale una ragazza trovata esanime nel bosco di Sauvebelin, per una presunta aggressione. La ragazza, pur riprendendosi, ha perso la memoria e risponde per monosillabi, in inglese ed in tedesco. Unici indizi un paio di scarponi da sci ed una medaglia di bronzo vinta in un concorso a Garmisch nel 1962. Si ipotizza che il mistero sull’identità della giovane possa risolverlo proprio Pia Riva, vincitrice di un bronzo proprio in quel contesto di gare. La vicenda occupa sui giornali spazi anche fuori proporzione. Ma la campionessa azzurra (nel frattempo volata in California) precisa di non riconoscere, da una foto, la giovane smemorata. Il clamore del caso, sui giornali internazionali, continua attraverso la diffusione della foto della ragazza (nel frattempo definita Mademoiselle X de Sauvebelin). L’enigma sarà infine risolto dopo altri giorni; trattavasi di una maestra di sci norvegese, nata a Drammen, una certa Reidun Lindskog. E’ risalita a lei la cugina Berit da un’effigie pubblicata sul giornale “Verdens Gang”. Una ferita alla testa, risalente al 1961, le provocava ancora prolungati stati di amnesia.

TORNA LO SCI IN TV DA UNA LOCALITÀ ITALIANA

Stante le difficoltà logistiche ed ambientali non sono molte le prove di sci alpino che vengono trasmesse in Rai da località italiane; dopo Cortina 1956 si deve arrivare ai collegamenti, in Eurovisione, dalla Val Gardena per le gare valide per la “Coppa Tre Comuni Ladini” del 20 e 21 febbraio 1965 (con tempi annunciati in sovraimpressione) alla presenza dei migliori sciatori internazionali, salvo gli elvetici. Per la Rai la scelta di trasmettere le gare in registrata nel primo pomeriggio. Per la cronaca il tedesco ovest Leitner s’impone nella discesa libera (sulla pista Ciampinoi) davanti all’azzurro Renzo Zandegiacomo. Terzo il francese Killy. Nello slalom vittoria dell’austriaco Nindl, mentre lo stesso Leitner (quarto) si aggiudica la combinata. E’ proprio questo il week-end che convince gli organizzatori locali a poter proporre la Val Gardena come sede ospitante dei mondiali 1970.

CRONOMETRO DIFETTOSO

In uno slalom gigante internazionale di Hindelang del 6 gennaio 1966, (si correva ancora in unica manche) con temperature più che glaciali (-25 gradi sotto lo zero), il cronometro fa i capricci e i giudici di gara non hanno la capacità di accorgersene in tempo. Partenza ripetuta dopo il ventesimo concorrente e per la cronaca vittoria dello svizzero Favre.

IL FASCINO DELLO SCI

Non si può dimenticare la pellicola Ski Fascination (1966) ideata, sceneggiata, realizzata dallo sciatore Willy Bogner junior con alcune scene recitate ed altre a mò di documentario, registrate in Ultrascope. Tanti gli sciatori protagonisti a questo film documentario: oltre a Willy Bogner junior ed a Toni Sailer (di cui abbiamo ricordato nella prima puntata i suoi trascorsi di attore), Guy Perillat, Jean-Claude Killy, Leo Lacroix, Wolfgang Bartels, Buddy Werner, Felice De Nicolò, Gerhard Prinzing, Luggi Leitner, Heidi Mittermaier (sorella maggiore di Rosi ed Evi, campionesse future), Christa Prinzing, Barbi Henneberger, Fritz Wagnerberger.

fotina di repertorio di  Senoner

I MONDIALI IN PIENA ESTATE

Già, i mondiali in Cile, nel 1966, prima di Ferragosto; dal Sudamerica: non vi furono telecronache ma solo servizi filmati, non programmati sulla Rai, fruibili soprattutto da chi poteva accedere alla Tv svizzera, trasmessi intorno alle 23,30 del giorno successivo alla gara. Arriva il successo di Carlo Senoner, il cosiddetto oro di Ferragosto, che contribuisce a rasserenare lo sport italiano, ancora….sotto choc per la sconfitta ai mondiali d’Inghilterra della nostra nazionale di calcio contro la Corea del Nord.

Nel filmato susseguente: l’oro del Ferragosto ’66, Carletto Senoner, campione del mondo di slalom in Cile: in voce lo stesso vincitore.

ERIK(A)

La prova di discesa libera al Portillo è vinta dall’austriaca Erika Schinegger. E’ una storia da dover raccontare, senza dover scivolare in aspetti pruriginosi, perché qui son si parla di cronaca agonistica ma di un dramma interiore fortissimo vissuto da una persona. Nell’inusitato terreno di gara sudamericano della discesa le francesi devono soccombere alla Schinegger. Un’edizione che parla soprattutto transalpino e proprio quel successo rappresenta l’unico momento d’oro del wunder team. Dopo l’estate cilena nella stagione 1966/67 è ancora la Schinegger protagonista, anche in Italia, dove vince la libera del Monte Bondone, per il Palio delle Dolomiti (non valida per la Coppa del Mondo) davanti alla nostra Giustina Demetz. Ma in quel 1967 vengono introdotti i test cromosomici. In occasione della Coppa Europa di atletica, la velocista polacca Eva Klobukowska è il primo caso eclatante di atleta che non supera un test della femminilità.  Ad inizio stagione 1967/68, anno olimpico, un primo test fa emergere seri dubbi sulla femminilità della Schinegger. La notizia fu comunicata alla sciatrice a Cervinia; le cadde il mondo addosso.. In una stanza d’albergo il pianto dirotto, la rabbia incontrollata, poche hanno il coraggio di avvicinarla e di consolarla. Arriva il diplomatico ritiro dall’attività ufficialmente per esaurimento nervoso. Il Presidente austriaco Klee invita tutti al rispetto della decisione dell’atleta. I giornali, però, insinuano che la campionessa austriaca voglia sottrarsi ad ogni altro controllo. A volta la misura del tempo non è uguale per tutti: mentre per noi passano giorni e settimane, per l’austriaca scorrono solo secondi e minuti a dover fare i conti con il suo dramma. Erika si trova sola, abbandonata da tutti, per lei comincia una nuova vita, con tante incognite. Nei giorni precedenti al Natale, mentre il Cio ufficializza e rende obbligatori i test sul sesso delle atlete (trasformando semplicemente un “potranno” in un “dovranno”), i giornali annunciano che la Schinegger ha deciso di sottoporsi alle visite per tornare a gareggiare. Invece dopo esami approfonditi ad Innsbruck, il Professor Marberger le comunica che, nel suo corpo, le caratteristiche maschili sono cresciute all’interno anziché all’esterno. Un colpo tremendo per l’austriaca, altro che Olimpiadi, deve sottoporsi un calvario di quattro interventi (uno ogni due mesi) per assumere le sembianze maschili già nel 1968, con la barba che gli spunta ed un timbro di voce profondo. E’ una nuova vita. L’Ansa scrive nel 1969 una notizia secondo la quale, Erik vive ad Agsdorf in Carinzia, è diventato un cacciatore di donne, riceve ogni giorno casse di lettere di ammiratrici. Viene dato anche un nome alla sua compagna di allora: Frida, Erik Schinegger vince qualche gare minore, fra i maschi, già nel 1969, in un’occasione precedendo un giovane David Zwilling. Ma non avrà una carriera pari al suo passato al femminile. Giocherà a calcio in una squadretta locale e praticherà anche il ciclismo. Dopodiché, esaurito il clamore mediatico, comincia per Erik una vita lontano dai riflettori di gara e dalle forzate indiscrezioni. Le notizie su di lui diventano perciò come quei “parenti” che incontri agli eventi, Erik si sposa il 27 settembre 1975 a St. Urban, con rito civile con Renate (conosciuta due anni prima) e diventa padre nel 1978 di una bambina di nome Claire. E pensare che gli era stato detto che non avrebbe potuto procreare. Il nome di Erika Schinegger risulterà ancora nell’albo d’oro di quel mondiale femminile di discesa in Cile, per oltre ventidue anni dal giorno di gara, quando nel 1988, a Francoforte, Erik consegna la medaglia d’oro alla francese Marielle Goitschel, ponendo in pratica la parola fine a questa storia. Il nome di Erik Schinegger e la sua storia tornerà peraltro a campeggiare in film-documentario del 2005 “ERIK(A) – Der Mann der Weltmeisterin wurde”. Nel riquadro sottostante la prova vittoriosa della Schinegger a Portillo 1966 accompagnata dalle note strumentali di “No milk today”, brano di quello stesso anno (meglio potremmo dire “Broetchen und milch”, nella lingua madre di chi scende).

arrivo a colori di Jean Claude Killy, in discesa, prima medaglia d’oro dello sci alpino ripresa in una telecronaca a colori

CAMBIA IL COLORE DELLA SOVRAIMPRESSIONE

La tv si colora con i Giochi di Grenoble, ovviamente non per noi in Italia; prime gare a colori della storia sciistica (con il sistema Secam). Giovedì 8 febbraio sarebbe in programma la discesa libera: il primo apripista a scendere con questo nuovo impatto cromatico in una telecronaca è l’austriaco Rudi Sailer, fratello del grande Toni Sailer, precedendo di un minuto circa l’elvetico Peter Frei. Ma non si gareggia per le avverse condizioni meteorologiche. La prova si disputa invece l’indomani, 9 febbraio 1968; stavolta apre le “danze” un apripista canadese (Keith Shepherd).

Stesso secondo di gara: Killy vince l’oro della discesa…. in bianco e nero

Alle 12.01 il primo concorrente ufficiale è il francese Guy Perillat con il n.1 (mentre parte il telecronista francese Jacques Perrot annuncia pomposamente la gara parafrasando l’inno transalpino: “le jour de gloire est arrive”), Perillat è contemporaneamente il primo medagliato mostrato a colori; sarà argento. Infine il primo azzurro di sci, sceso a colori è il compianto Ivo Mahlknecht (pettorale 3). La sovrimpressione gialla del cronometro non è proprio la soluzione migliore in quanto va a confondersi col manto bianco in una giornata senza sole ma la regia, subito dopo la discesa dell’italiano Mussner (n.6), passa ad un rosso color mattone che risolve ogni problema. Vince il campionissimo francese Jean Claude Killy.  Nella giornata successiva la prima donna a scendere a colori è la tedesca federale Margret Hafen. Anche qui un cambio di colore repentino della sovrimpressione, da un rosa molto tenue (quasi un omaggio al gentil sesso) si passa al solito color mattone (fra la terza e la quarta concorrente, ovvero tra la francese Steurer e la canadese Greene). La prima italiana ad essere mostrata a colori è Giustina Demetz.

SCHERZI DELLA SOVRAIMPRESSIONE

Ci sono casi in cui il cronometraggio diventa addirittura protagonista “dispettoso”, come nello slalom maschile delle Olimpiadi 1968. Gara corsa in una nebbia fittissima, gli sciatori non si vedono per nulla, soprattutto in zona traguardo. E’ il cronometro a svelare il traguardo di ogni concorrente, là dove l’occhio non arriva (per chi aveva all’estero, la Tv a colori in un vivace giallo fosforescente). Senonchè, in quel sabato che chiudeva le Olimpiadi dello sci alpino, il campione olimpico non risulta essere (per l’elettronica) il francese Killy, bensì il norvegese Haakon Mjoen (sceso nella seconda manche per quarto) mai superato nei responsi del cronometro. Ma aveva saltato una delle prime porte. Allora il telecronista francese, sempre Jacques Perrot, parla (traducendo) di enorme defezione per Jean Claude Killy. Il fuoriclasse transalpino, come sappiamo, vinse in quella gara, il terzo oro, ma sul momento lo si riteneva di bronzo, non solo dietro a Mjoen di ben 55 centesimi ma anche alle spalle di Schranz (che aveva ripetuto subjudice la sua manche dopo aver evitato una collisione con un giudice). Alla fine ci volle una mezza giornata per sancire la vittoria di Killy; nel primo pomeriggio, l’annuncio della squalifica di Schranz; in serata, poco prima delle venti, la notizia che il reclamo austriaco era stato respinto.

Giuseppe Albertini

GIUSEPPE ALBERTINI, UN TICINESE IN RAI

Ma passiamo all’argomento che ci sta più a cuore. I nostri amati radiotelecronisti. In un rapido viaggio nel tempo, possiamo notare come il decennio anni sessanta dello sci alpino al microfono per la Rai è soprattutto quello di Giuseppe Albertini, ex calciatore di Lugano e Locarno, nato a Roma ma di nazionalità svizzera. Divenne radiocronista quasi per caso, dopo aver accompagnato il fratello ad un provino a Lugano. La memoria collettiva lo inquadra soprattutto come il telecronista della Tv svizzera. In realtà è da ricordare questa lunga militanza Rai (assai spesso con telecronaca condivisa anche nel Canton Ticino) principalmente nel ciclismo e negli sport invernali, più marginalmente nel calcio e nell’atletica, più occasionalmente in altre discipline (ad esempio l’oro del canottaggio di Baran e Sambo a Messico 1968 è… “suo”).  Le prime gare di Coppa del Mondo trasmesse dalla Rai si riferiscono al week-end di Wengen (14-15 gennaio 1967) con Albertini al microfono. Egli stesso è presente in occasione della prima tappa italiana maschile in Coppa del Mondo (lo slalom di Madonna di Campiglio del 5 febbraio 1967, in registrata nel pomeriggio). Ma la prima prova italiana assoluta di Coppa del Mondo (uno slalom femminile al Monte Bondone, cronaca registrata) è invece commentata da Guido Oddo, telecronista milanese (nato a Torino) che spesso si ricambiava nelle telecronache con Albertini (a partire da Chamonix 1962) e che ricorrerà molto spesso in questa trattazione.

Giustina Demetz, prima vincitrice italiana in Coppa del Mondo

Va aggiunto che le prove svolte sulle piste italiane non avevano cronometraggio in sovraimpressione. Arriva la prima vittoria assoluta in Coppa del Mondo, Giustina Demetz  ex aequo con Marielle Goitschel, nella discesa libera del Sestriere di venerdì 3 marzo 1967 (presente Giuseppe Albertini) nel corso delle gare valide per il Kandahar (concorso itinerante che a mano a mano ha perso importanza).

GIUSEPPE ALBERTINI, LA TSI E FININVEST

Ultimo cimento “albertiniano” ricordato in Rai per lo sci alpino ai mondiali della Val Gardena 1970, per l’Ente italiano si collegherà dal Messico per alcune partite dei mondiali 1970, in primis Brasile-Inghilterra; poi lo si ricorda stabilmente alla Tsi (tv svizzera italiana) sempre per sci, calcio, ciclismo, incrementando i suoi cimenti nel disco su ghiaccio e nel pugilato olimpico del 1976. In quelle annate del Settanta l’estensione del segnale della Tv svizzera è notevole: il ricorso alla “Tv di Lugano” è notevole per vari fattori: la Tv svizzera trasmette le gare a colori (e la Rai no), diffonde telecronache che in Rai non sono programmate (in specie quelle femminili), offre ai propri telespettatori cronache in diretta (mentre in Rai sono maggiormente propensi alla differita). E poi la voce calda, signorile di Albertini consente un rendez vous con le telecronache già conosciute anche in Rai. Senza dimenticare una collaborazione di Albertini con “Il Corriere della Sera” in specie per le Olimpiadi invernali del 1976, dalle frequentazioni televisive del telecronista ticinese ai tempi della Tsi, ci sovviene, ad esempio, l’impiego della parola “corsa” a proposito di una discesa di sci, l’utilizzo del termine “ammonimento” in occasione dei cartellini gialli, il diverso uso di accenti (Saint Morìtz invece che Saint Mòritz, Ajàx anzichè Ajax). Una trama calcistica di gioco era definita “ricamo”; un dischetto finito in tribuna e non restituito diventa un “cimelio” da portare a casa. La definizione più giusta crediamo possa essere quella proferita del collega Sergio Ostinelli “Albertini trasmetteva eleganza”. In questo filmato una sua telecronaca degli ultimi tempi Rai; la prima manche di Kitzbuhel del 18/01/1970

Negli anni Ottanta Albertini diventa, pur collaborando ancora alla tv pubblica rossocrociata, il telecronista delle tv berlusconiane della prima ora: suo il commento del Mundialito 1980/81 da Montevideo, del successivo Mundialito per Clubs del giugno 1981, di alcune gare delle coppe europee, suo il cimento della finale Intercontinentale 1985, vinto dalla Juventus sull’Argentinos Juniors, ai rigori.  Personaggio unico, amico, consigliere, maestro per tante generazioni a venire, italiane e ticinesi, anche se lui più modestamente, voleva farsi chiamare solo come un collega più esperto. Dopo che anche l’amico e collega Tizano Colotti ha attraversato quel Capo di Buona Speranza che prima o poi dovremo tutti varcare, ci piace vedere i due ancora lassù a discutere di sport, ricordando viaggi e momenti di trasferta condivisi insieme.

IL BELLO DELLA DIRETTA

Tenendo fede allo spirito aneddotico di questa puntata, ad Albertini, capitò un curioso infortunio in sede di commento del confronto Norvegia-Svizzera dell’8 settembre 1976. Lo ricordiamo non per spirito denigratorio, come farebbero i falchi delle tv attuali, ma semplicemente perché ad ognuno capita di sbagliare. Quello che per altri può apparire il bello della diretta, è per un telecronista la tensione di doversi esprimere dal vivo. Ciascuno è incappato in papere, scambi di persona o è stato tratto in inganno dal proprio istinto. In quella partita di Oslo, Albertini, nei primi minuti, scambiò le maglie degli svizzeri con quelle dei norvegesi e viceversa. Se ne accorse dopo alcuni minuti e chiese scusa dell’errore commesso, con la professionalità che gli abbiamo sempre conosciuto. Un imprevisto non felice a volte sa trasformarsi in un atto di grande onestà e di esempio per chi ascolta.

LUCIO CELLETTI

UNA TANTUM QUIZ

In appendice a questa puntata sugli anni sessanta, due foto di azzurri anni Sessanta, presenti a Grenoble 1968. Sveleremo i nominativi nella prossima puntata, ma i nostri lettori potranno anticipare le risposte nella pagina Facebook, Telesciando – Archeologia dello sport.

 

 

Si ringrazia Igino Macagno che sul suo profilo Facebook e sulla pagina “Tutto quanto fa spettacolo” ha voluto intervistare chi vi scrive per parlare di Telesciando. Un’intervista in un talk show di primissimo ordine, nella quale è stata illustrata la filosofia di Telesciando con i suoi obiettivi culturali, nel ricordo di Alfredo Pigna, l’emerito giornalista che ci ha lasciato il 19 novembre.

Per il supporto tecnico e grafico: Monica Celletti

Prima di…salutarci un’altra serie di gare olimpiche dal 1960 e dal 1964.

Olimpiadi Squaw Valley 1960: Discesa Libera femminile BIEBL (GER)

Olimpiadi Squaw Valley 1960: Slalom Femminile HEGGTVEIT (CAN)

Olimpiadi Squaw Valley 1960: Slalom Gigante Maschile STAUB (SUI)

Olimpiadi Innsbruck 1964: Slalom delle sorelle Goitschel

Olimpiadi Innsbruck 1964: Slalom gigante maschile (Nelle immagini l’austriaco Schranz e il francese Bonlieu, rispettivamente secondo e primo)

Olimpiadi Innbruck 1964: discesa, l’oro di Egon Zimmermann

GRAZIE DELL’ATTENZIONE

Tutti gli articoli sono stati sottoposti ad accurata verifica. Qualora tuttavia i lettori rinvenissero, data la vastità della materia, imperfezioni, refusi o scherzi della memoria, sono pregati di volerli segnalare. E’ comunque gradito qualsiasi intervento di commento, critica, suggerimento. telesciando@gmail.com

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Leggi gli altri capitoli

Pettorale n.25

Le voci degli altri sport del ghiaccio

Pettorale n.24

Le voci degli altri sport della neve

Pettorale n.23

Le meteore del microfono bianco