UN PERSONAGGIO UNICO, POLIEDRICO, INSOSTITUIBILE
Nella puntata d’esordio di Telesciando, imbattendoci nei mondiali di Badgastein del 1958, abbiamo notato che a fianco di Paolo Rosi, c’era Rolly Marchi. Un personaggio del secolo scorso e non solo, televisivo e non, che ha dato tanto allo sport e che merita un approfondito profilo. Rolando Marchi o meglio Rolly Marchi (soprannome attribuitogli da un gruppo di sciatrici toscane che lui allenava al Bondone) ha rappresentato in tutte le sue forme la montagna, lo sci, lo sport; corrispondente per i giornali, organizzatore, ideatore di massime manifestazioni per lo sport giovanile (Trofeo Topolino) e per lo sport nazionale (3-Tre, Kilometro lanciato, Parallelo di Natale), scrittore ultrapremiato, fotografo, speaker di gara, alpinista, campione dei giornalisti fra gli sciatori, ciclista in età giovanile (poi pioniere fra i patron), fondatore dello Sci Accademico Italiano e di varie scuole di sci, benefattore, giramondo, commendatore della Repubblica, grande animatore dell’idea sportiva. Un carisma tale da consentirgli di vendere….spazzole elettriche ad un giovanissimo Silvio Berlusconi. Una definizione di Carlo Gobbo, l’amatissimo telecronista di Rai ed Eurosport, capace di leggere come nessun altro nell’animo di atleti ed operatori dello sci, è forse la più giusta a descrivere Rolly Marchi: “Ha fatto del suo amore per lo sport lo scopo della propria esistenza ….regalando a ciascuno di noi tanta saggezza e preziosi suggerimenti”. Pillole di oculatezza che Rolly dispensava a tutti, anche a Carlo Gobbo, come ad esempio quel consiglio (nel periodo di telecronache ad Eurosport del telecronista valdostano): “Per favore Carlo, non dire più in telecronaca …discesa libera! Lo era un tempo, ora non lo è più! E cerca di farlo capire anche ai tuoi colleghi..” A Carlo Gobbo, va il nostro sentito ringraziamento per averci regalato i contenuti di questo dialogo, emerso nel corso di una delle passeggiate in zona Brera, nei periodi in cui Gobbo soggiornava a Milano per gli impegni in telecronaca presso il canale paneuropeo, andando a trovare un Rolly avanti con l’età ma molto lucido e sempre dotato di quella dote innata che lo ha caratterizzato: la bonomia.
IL GIOVANE ROLANDO
Padre enologo, madre insegnante, l’infanzia del giovane Marchi è legata alla sana competizione con i suoi coetanei: una radio che, tra una scarica ed un’altra, forniva i risultati del Tour, una bicicletta Ganna regalatagli per una promozione, le sfide a nuoto sul torrente Avisio, le partite a calcio nel campo sportivo cittadino, le “birichinate “con la fionda, i certami amorosi e naturalmente le scorribande sugli sci. E sullo sfondo montagne candide e cieli limpidi a fare da scenografia alla sua giovinezza, trascorsa a Lavis, laddove Rolando tempra il suo fisico con vigoria e nerbo mentre è la montagna ad entrare interamente nel suo animo ed a forgiare quel Marchi che potrà farsi strada solo dopo aver affrontato anni difficili, per via della guerra. Svolge il servizio militare nel glorioso corpo dei Granatieri, nel corso per ufficiali con lui c’era Ottavio Missoni, futuro finalista olimpico dei 400 ostacoli nel 1948 e poi stilista di fama mondiale. Negli anni della guerra Marchi finì prigioniero in Africa, tornando a Trento nel 1945, come primo ufficiale ad entrare nel capoluogo. Da sottolineare l’amicizia con un commilitone di nome Federico Fellini, laddove il grande regista, continuamente, gli chiedeva estasiato notizie su Baselga di Pinè: …era il luogo dove la sua fidanzata (una certa Giulietta Masina) andava a villeggiare!!.
IL GIORNALISMO
Nel primo dopoguerra, dopo la laurea in legge, conseguita a Bologna, si stabilì a Milano, chiamato da un amico a fare l’assicuratore. Scrisse per “Neve e ghiaccio” e per un giornale dell’Università. Gianni Brera notò un suo scritto e se lo portò prima alla Gazzetta dello Sport (1951-56), poi a Il Giorno (1956-64). Su questi giornali si firmava come Rolando Marchi. Scriverà anche per “Il Corriere della Sera”, “Il Messaggero”, “Il Giornale” e per varie riviste del settore invernale. Nel 1991 fondò e diresse il periodico “La Buona Neve” (nel titolo del periodico ancora notiamo tutto il calore della sua esistenza, la sua caratteristica a trasmettere buoni sentimenti). La pubblicazione nacque, quasi casualmente, da una richiesta di Erwin Stricker: poter realizzare qualcosa per la sua terra di nascita. Partì così quest’avventura editoriale, per 21 anni: un periodico legato ad una semplice idea che si trasformò subito in una rivista. Proprio a Erwin Stricker è dedicato uno degli ultimi numeri del periodico, dopo l’addio del cavallo pazzo altoatesino.
COMPRENDERE E SPRONARE GLI ATLETI
Rolly Marchi è stato un personaggio amato dai campioni di sci alpino, al punto da aiutare Zeno Colò, a stemperare tensione e nervosismo, prima della discesa di Oslo 1952, non un portafortuna ma un amico premuroso cha fa compagnia al campione semplicemente con l’arte del dialogo e del buonumore, dispensando al campione toscano consigli rassicuranti, consolandolo per la medaglia mancata nel gigante del giorno prima, perfino aiutandolo a scegliere la sciolina per la gara olimpica di Noerefjell. Rolly dava forza a Zeno, gli fu vicino anche fino a pochi istanti dalla gara che vale una vita. E Zeno lo ripagò conquistando per l’Italia la medaglia d’oro olimpica (come possiamo vedere nel filmato sottostante). Ai mondiali di Badgastein 1958, Rolly incoraggia la folgaretana Jerta Schir, incitandola a far bene, proprio perché la vedeva in forma straordinaria. Ed infatti come abbiamo visto nella prima puntata, la Schir, manca il titolo della discesa per un nonnulla. Sarebbe stato un successo clamoroso.
LE ESPERIENZE TELEVISIVE
Fu lo speaker di Cortina 1956 (vedi foto in alto). Una versatilità culturale che si riflette anche nel ciclismo, giacchè fondò il Gruppo Sportivo Leo-Chlorodont, che con Nencini si aggiudicò il Giro d’Italia 1957. In Tv commenta con Paolo Rosi i mondiali di Badgastein 1958; l’anno dopo lo ritroveremo a Kitzbuhel 1959, questa volta con Giuseppe Albertini (del quale, invece, avremo modo di parlare più compiutamente nella prossima occasione). Dopo questi trascorsi in telecronaca, Marchi ha condotto, negli anni sessanta, due trasmissioni. “Lo sci” a partire dal 16 dicembre 1963 e fino al 3 febbraio 1964 alle 19,15 sul programma nazionale. La trasmissione seguiva la celeberrima trasmissione “Non è mai troppo tardi” di Alberto Manzi e se vogliamo si allineava allo spirito di essa, essendo un contenitore didattico (che la Rai curò con Coni e Fisi) con autentiche lezioni di sci, tenute da Zeno Colò e Giuliana Chenal Minuzzo. Le sette puntate ebbero una ripetizione nel 1965, di martedì a partire dal 12 gennaio. Marchi fece capire più volte come gli sci dovessero essere considerati come degli orologi: “quelli meno costosi sarebbero durati di meno”. Nel 1965, in estate, ancora con la collaborazione di Bruno Beneck, Rolly Marchi presenta “Invito allo sport” altra trasmissione di teledidattica. Insieme a lui, presenta un altro giramondo. il cantante-attore Ray Martino (già famoso per aver cantato con Carosone e collaborato con Mike Bongiorno alla Fiera dei Sogni, vero nome Mario Martiradonna, completo omonimo dell’indimenticato terzino del Cagliari).
IDEAZIONI ED ORGANIZZAZIONI
Già nel 1948 aveva manifestato la predisposizione ad iniziative che potessero portare i bambini a gareggiare: nascono i cuccioli dello Sci Accademico Italiano. Come trasformazione successiva della “Gran Coppa cuccioli dello Sci Accademico” nasce giustappunto il Trofeo Topolino, creato nel 1958 con l’aiuto di Mike Bongiorno. Nella prima edizione 98 partecipanti. Il nome di Marchi si è indissolubilmente legato al Club Topolino ed allo sci club Topolino; Marchi ha dato tanto allo sci per giovanissimi, al punto di essere riconosciuto come il “papà” in seconda dei ragazzi che partecipavano alle competizioni. Riuscì a predire le grandi carriere di Gustav Thoeni ed Alberto Tomba. Oltre ai già citati 3-Tre, Kilometro lanciato, Parallelo di Natale, va ricordata l’organizzazione di manifestazioni e/o club sportivi quali il “Gran Premio Saette Coca Cola”, il “Club 100 all’ora”, il “Rolly Go”, solo per citare una minima parte delle ideazioni rispetto alla sua vulcanica passione.
IL CAPPELLO DA COWBOY
Tornando al Rolly Marchi televisivo, dopo i continuativi passaggi in Tv negli anni Sessanta, la sua popolarità è talmente grande, al punto che una telespettatrice di Parma si definisce (sul Radiocorriere Tv n.51 del 1965) innamorata di Marchi, arrivando a chiedere…. se fosse sposato e se avesse figli. Fatto sta che Marchi aveva un fisico imponente ed un’altezza da cestista (1,90); ancora lo ritroviamo (per una volta senza il suo cappello) in una pubblicità di una marca di abiti famosi in cui svetta sul regista Mario Soldati, sul critico Pietrino Bianchi e sul giornalista ed amico Gianni Brera. Pas mal, come ha sottolineato con il dono della sintesi, già dimostrata con i suoi “Nani da leggere”, lo scrittore Silvano Calzini (noto anche per le sue sue “Figurine”) in un suo recente post di Facebook, rievocando proprio questa foto. Se Silvano Calzini ci consente ci appropriamo del suo “pas mal” anche per definire un vagone ristorante sul treno che da Milano conduce ad Innsbruck per le Olimpiadi del 1964, Rolly Marchi, Dino Buzzati e Gian Paolo Ormezzano. Sport, letteratura e giornalismo ai massimi livelli ed in un solo colpo d’occhio. Un viaggio estremamente piacevole per tutti e tre, una pastasciutta ed una fettina di transizione, pregustando ben altre prelibatezze, quelle di un romanzo olimpico che deve essere ancora scritto. Ma all’arrivo a Innsbruck uno spiacevole intoppo. Buzzati non ha ancora l’accredito per i Giochi e dovrà attenderlo per due giorni, ricevendolo grazie all’interessamento di un corrispondente da Vienna che l’aveva aiutato, un certo Moncherio, ritrasformato per gratitudine in un suo elzeviro in Monkerius. Una volta risolto il suo problema di pass, Buzzati seguirà quei giochi, quasi sempre a fianco di Marchi.
L’immaginario del secolo scorso ha tramandato la figura di Marchi sempre con il suo cappello da cowboy: gli era stato regalato da Walt Disney, a cui Rolly inviava annualmente un filmatino delle gare del Trofeo Topolino. Contattato grazie a Mondadori, l’incontro avvenne alle Olimpiadi di Squaw Valley 1960. Si era vagheggiata anche una presenza di Walt Disney nell’edizione 1967 del Trofeo Topolino, ma il grande creatore di animazioni non fece in tempo ad arrivare a quella data. E sempre a proposito degli States, Marchi ha sciato con il Presidente degli Stati Uniti Ford, presente anche Arnold Schwarzenegger.
IL BERRETTINO DI CLAUDIA. TU CHIAMALE SE VUOI…EMOZIONI
Nel 1973 Rolly inventa (come anticipato sopra) il parallelo di Natale: prima edizione al Tonale il 24 dicembre (trasmesso il giorno dopo in registrata dalla Rai). Vittorie di Piero Gros (in finale su Erwin Stricker) e di Cristina Tisot (in finale su Claudia Giordani). A proposito di quest’ultima, il padre Aldo era uno dei telecronisti preferiti da Marchi (insieme ad Alberto Giubilo, quello dei cavalli). E’ peraltro la stagione in cui Claudia Giordani si impone all’attenzione generale della Coppa del Mondo con un successo in slalom gigante sulle nevi di Les Gets. Soddisfazione doppia per Marchi, non solo per il successo azzurro in chiave femminile (quasi a rispondere alla valanga azzurra maschile che ha imperversato a Berchtesgaden e Morzine) ma anche perché Aldo Giordani è un amico di Rolly e Claudia fu, proprio da Marchi, accompagnata da giovanetta alla sua prima gara, nel marzo del 1967. La sciatrice fa parte, inoltre, dello Sci club “Rolly-go”. Si è a metà del quadriennio olimpico che conduce dritto ad Innsbruck. Claudia è sempre tra le protagoniste del circuito rosa, nel frattempo ha trovato nello slalom la sua specialità prediletta. Le manca quell’affermazione piena fra i pali stretti, ampiamente alla sua portata. Ma Rolly Marchi, in barba ad ogni scaramanzia, sulle colonne del Messaggero scrive convinto, all’inizio della stagione 1975/76 che Claudia Giordani può salire sul podio olimpico di Innsbruck. In questa sua funzione di mentore spirituale di Claudia, c’era un oggetto di “affabile discordia”, il berrettino della campionessa. Claudia non se ne separava mai, lo considerava un talismano cui non poter rinunciare. Un po’ come Gustavo Giagnoni faceva con il suo colbacco nel primo anno in cui allenava il Torino. Un copricapo così bianco da risaltare anche nella nostra misera tv in Italia (ancora ferma al bianco ed al nero). Eppure, nel corso della seconda manche dello slalom olimpico, con l’azzurra ben piazzata per sognare in grande, avviene quasi un segno del destino. Il copricapo si abbassa totalmente sul volto di Claudia, le ostruisce la visuale; è brava l’azzurra a doversene disfare in una frazione di secondo ed a condurre in porto la prova che darà all’Italia la medaglia d’argento, con i capelli al vento ed il suo bel viso che si illuminerà all’apprendere che la sua prova la proietterà nella storia dello sci azzurro. Così Marchi descrive quei momenti sul Messaggero, ipotizzando che la perdita del berrettino l’abbia quasi sbloccata. “Messa di fronte alle supreme evidenze olimpiche, (Claudia) ha dovuto cedere. In quell’attimo è nata una nuova musica, “Minuetto per Claudia con sci ed orchestra, una suonata da camera limpida come le note di Bach”. Noi invece immaginiamo il giornalista-scrittore con gli occhi lucidi, nel pomeriggio dell’11/2/1976, con l’animo intenerito ma sorridente, pensando a tutto il percorso giovanile di Claudia, di cui Rolly Marchi ne rimarcava la provenienza romana. L’argento della Giordani era, all’epoca, il miglior risultato olimpico per l’Italia femminile. Nello stesso articolo Marchi puntualizzava “L’oro non c’è ancora ma chissà!!”. Ebbene questo chissà, ora ha un nome ed un cognome, Paola Magoni, che a Sarajevo ’84, chiuderà l’epopea di quella valanga rosa che aveva preso avvio proprio con i successi di Claudia Giordani.
QUELLA MATTINA A LES SAISIES
La mattina del 22 febbraio 1992, nella 30 kilometri di fine sci nordico femminile, Stefania Belmondo era avviata ad un grande risultato, ma la sua avversaria di allora (la Egorova) non mollava. Bastava però sentire Rolly Marchi, ospite in cabina di Giacomo Santini per buona parte di gara, per ritornare ad essere ottimisti sulle chanches in gara della Stefania Bel…fondo. Ad un Santini che prudentemente afferma “La medaglia d’argento non dovrebbe mancare”, Marchi risponde deciso “Ma no! Oggi vogliamo l’oro! Dai Stefaniaaa!!”. Arrivò così il metallo più pregiato, mentre per Rolly Marchi fu un ritorno al commento in Rai, sia pure occasionalmente in un giorno tanto lontano da quei primi anni dello sci in tv. Del resto, finché le forze lo hanno sostenuto è stato il giornalista che più ha seguito in consecutività le Olimpiadi, sia invernali che estive, per 70 anni, fino a Torino 2006, volendo conteggiare un prologo giovanile a 15 anni, ai Giochi di Garmisch 1936: ha gioito dall’alto, come dubitarne, alla notizia dell’assegnazione dei Giochi 2026 a Milano e Cortina (due città entrambe nel suo cuore). A livello di Olimpiadi d’inverno, egli aveva però nostalgia delle edizioni più romantiche, Cortina ‘56 e Squaw Valley ‘60: quando i giochi erano fratellanza, vicinanza, esaltazione del territorio piuttosto che rassegne che si dipanavano in varie località distanti tra loro, disperdendo tutti i partecipanti.
IN LIBRERIA
Come anticipato, Rolly ha lasciato il segno nella narrativa….. scrivendo innumerevoli romanzi….. con tante metafore e suggestioni sull’esistenza e sulla vita vissuta (Ride la luna – finalista al Campiello, Un pezzo d’uomo, Il tram della vita e altri quattordici racconti, Parole bianche, E ancora la neve: ricordi e avventure ad alta quota, Se non ci fosse l’amore, Le mani dure (premiato dal Coni), monografie sportive…..(Azzurrissimo: cinquant’anni di sci in Italia e i campionati del mondo, Messico azzurro…, L’anno dei nostri) oppure opere a metà strada fra narrativa ed avventura (Il dialogo segreto: le Dolomiti di Dino Buzzati). Tra l’altro, lo stesso Buzzati (fraterno amico e compagno di cordata) aveva definito il già citato “Le mani dure” come “il libro di montagna più bello scritto in Europa”. Questa limitazione… ….continentale era semplicemente dovuta al fatto che Buzzati non conosceva la letteratura d’Oltreoceano. A proposito di “Messico azzurro” è proprio Rolly a consegnare a Giacinto Facchetti una targa (a nome di tutti i giornalisti) per festeggiare la cinquantesima partita del capitano azzurro in nazionale: ciò avviene a Toluca, prima dell’inizio del quarto di finale di quei mondiali, Messico-Italia, in data 14 giugno 1970.
LO SCORRERE INEVITABILE DEL TEMPO
Gli anni passano, uno dopo l’altro; da uomo di montagna Marchi non affermava “Non so quanto tempo mi resta” bensì “Non so quanta neve mi resta”. Ci ha lasciato nel 2013 a 92 anni. Un personaggio tanto lungimirante, non solo nel fare della sua vita un lungo romanzo ma anche in grado di….preorganizzare il suo estremo saluto, chiedendo che fosse suonata la musica dei Beatles con Yesterday, in un commiato sereno in una piccola chiesa della Vigolana. Ma non aveva potuto prevedere il suo addio alla neve. Nelle ore prima del triste addio, sofferente nel suo letto, già proteso a dover raggiungere gli Iperborei del giornalismo italiano, riuscì ancora a toccare quell’elemento che tanto aveva segnato la sua esistenza: la neve, giustappunto. Gli era stata portata da Beba Schranz (ex sciatrice, istruttrice nazionale, giornalista ma soprattutto sensibile collaboratrice ed amica di Rolly).
— LUCIO CELLETTI
I filmati che seguono risalgono al periodo che stiamo trattando: una grande affermazione di Pia Riva a Grindelwald 1960 e le spettacolari immagini di Wengen dello stesso anno (con vittoria di Willy Bogner).
FONTI ESSENZIALI (oltre la memoria):
- Sito sciatori d’epoca.it
- Gian Paolo Ormezzano: “I cantaglorie”
- SCI in prima pagina (a cura di Ettore Frangipane)
Un grazie ai componenti del gruppo Facebook “Archeologia dello sport”, nato nel 2010 e trasformatosi proprio questa settimana in “Telesciando – Archeologia dello sport”.
GRAZIE DELL’ATTENZIONE
Tutti gli articoli sono stati sottoposti ad accurata verifica. Qualora tuttavia i lettori rinvenissero, data la vastità della materia, imperfezioni, refusi o scherzi della memoria, sono pregati di volerli segnalare. E’ comunque gradito qualsiasi intervento di commento, di critica, di suggerimento. telesciando@gmail.com
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